Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com

La casa all'italiana

Ponti già negli anni Venti insisteva su concetti come “comfort” e serenità, sottolineando l’importanza di spazi come terrazze, balconi, verande, logge

  • GIò PONTI.jpeg

Se da una parte veniamo presi dalla smania dell'”esterofilia” quando scegliamo le mete dei nostri viaggi, i vestiti da “mostrare” nelle occasioni di società, nei complementi d'arredo da esibire alle cene tra amici, dall'altra siamo attirati atavicamente dalle nostre tradizioni, dal nostro “marchio” ogniqualvolta ci troviamo in una situazione lontana dalle nostre radici.

Se da una parte veniamo presi dalla smania dell'”esterofilia” quando scegliamo le mete dei nostri viaggi, i vestiti da “mostrare” nelle occasioni di società, nei complementi d'arredo da esibire alle cene tra amici, dall'altra siamo attirati atavicamente dalle nostre tradizioni, dal nostro “marchio” ogniqualvolta ci troviamo in una situazione lontana dalle nostre radici.

Ebbene dovremmo ricordarci più spesso che nella nostra cultura millenaria risiede un patrimonio da mantenere inalterato e mostrare come orgoglio, rimanendo sempre aperti ai dettami dei tempi che si susseguono.

In una globalizzazione che tende ad eliminare le diversità o peculiarità in ogni settore, noi progettisti dovremmo chiederci: come sarà il vivere assieme? Che impatto potrebbe avere il mischiare tipologie e abitudini dell'abitare?

Già un secolo fa, uno degli architetti più eclettici della storiografia italiana, Giò Ponti si poneva una domanda simile anzi, ne formulava già una risposta con uno statement della filosofia italiana dell'abitare rispetto al panorama internazionale dell'architettura moderna.

Ne parlava nell’editoriale “La casa all’italiana’’ giustappunto, scritto nel 1928 per il primo numero della rivista Domus, da lui fondata e diretta, con alcune interruzioni, fino al 1977, con parole che ancora oggi risultano di una modernità e attualità sorprendenti. La sua è una visione profetica, è un amore per un modello estetico che travalica tempo e spazio diventando un vero e proprio stile.

Ponti già negli anni Venti insisteva su concetti come “comfort” e serenità, sottolineando l’importanza di spazi come terrazze, balconi, verande, logge, ovvero luoghi di cui, in questo particolare contesto storico, costretti sempre più spesso tra le quattro mura domestiche, risultano essenziali per garantire la nostra salubrità fisica e mentale. Ponti è stato lungimirante nel proiettare l’architettura fuori ma, soprattutto, nel portare la natura dentro allo spazio abitativo.

Da Domus, gennaio 1928:  “La casa all'italana non è il rifugio, imbottito e guarnito, degli abitatori contro le durezze del clima come è delle abitazioni d'oltralpe ove la vita cerca, per lunghi mesi, riparo dalla natura inclemente: la casa all'italiana è come un luogo scelto da noi per godere in vita nostra, con lieta possessione, le bellezze che le nostre terre e i nostri cieli ci regalano in lunghe stagioni. Nella casa all'italiana non vi è grande distinzione fra esterno e interno: altrove vi è addirittura separazione di forme e di materiali: da noi l'architettura di fuori penetra nell'interno, e non tralascia di usare nè la pietra nè gli intonaci nè l'affresco; essa nei vestiboli e nelle gallerie, nelle stanze e nelle scale, con archi, nicchie, volte e con colonne regola e ordina in spaziose misure gli ambienti della nostra vita.

Dall'interno la casa all'italiana riesce all'aperto con i suoi portici e le sue terrazze, con le pergole e le verande, con le logge ed i balconi, le altane e i belvederi, invenzioni tutte confortevolissime per l'abitazione serena e tanto italiane che in ogni lingua sono chiamate con nomi di qui. Una stessa ordinanza architettonica regge dunque, in diversa misura, nella casa all'italiana, le facciate e gli interni e ancora regola d'attorno la natura medesima con terrazze e gradini, con giardini, appunto detti all'italiana, ninfei e prospettive, orti e cortili, tutti creati per dare agio e scena ad una felice abitazione. Il suo disegno non discende dalle sole esigenze materiali del vivere, essa non è soltanto una "machine à habiter". Il cosiddetto "comfort" non è nella casa all'italiana solo nella rispondenza delle cose alle necessità, ai bisogni, ai comodi della nostra vita e alla organizzazione dei servizi. Codesto suo "comfort" è qualcosa di superiore, esso è nel darci con l'architettura una misura per i nostri stessi pensieri, nel darci con la sua semplicità una salute per i nostri costumi, nel darci con la sua larga accoglienza il senso della vita confidente e numerosa, ed è infine, per quel suo facile e lieto e ornato aprirsi fuori e comunicare con la natura, nell'invito che la casa all'italiana offre al nostro spirito di recarsi in riposanti visioni di pace, che consiste nel vero senso della bella parola italiana, il CONFORTO. “

 

In un’epoca di transizione come la nostra,abbiamo il compito di ricercare ciò che queste affermazioni suscitano in noi, per provare a immaginare la nostra casa ideale.

Cocteau asseriva che “il nuovo non è nella nuova forma, per esprimere una nuova cosa, ma deve essere nel nuovo modo di pensarla”.

E allora penso all'architettura migliore da concepire: fluida come i tempi che stiamo vivendo, stabile e radicata come la nostra tradizione che torna ciclicamente a ricordarci il genio italiano.

 

 

Se vuoi commentare questo articolo effettua il login.