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Tegola sul Superbonus, niente proroga al 2023 e niente estensione per alberghi e imprese

Il Decreto Sostegni fissa alla fine del 2022 la cessazione della misura del Superbonus 110% che non sarà accessibile per albergatori e professionisti

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Doccia fredda per tutti quelli che pensavano di fare con calma le pratiche per la richiesta di accesso al Superbonus. La misura sarà valida solo fino al 2022.

Nonostante gli intenti politici fossero altri, la realtà dei numeri detta uno scenario del tutto opposto a quello preventivato per quanto riguarda il Superbonus. Il 2022 sarà l’ultimo anno in cui sarà possibile accedere al Superbonus 110% che nel 2023 non sarà quindi prorogato.

Questo quanto emerge dal disegno di legge di conversione del Decreto Sostegni (dl 41/2021 ). L’approvazione di un maxiemendamento ha cancellato tutte le novità più attese e annunciate nei giorni scorsi.

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Insieme alla proroga che dovrebbe però arrivare grazie alla prossima legge di bilancio, saltano anche le estensioni delle aree d’intervento: alberghi, capannoni e studi professionali non potranno accedere al Superbonus.

Per sapere quindi se nel 2023 ci sarà ancora il Superbonus, occorrerà attendere la legge di bilancio 2022. Chi ha deciso quindi di intervenire, deve sbrigarsi.

Per il 2021 e per il 2022 non ci saranno speranze per godere del superbonus per gli alberghi, le imprese e i professionisti, nonché agli edifici privi dell’impianto di riscaldamento.

Le ragioni della bocciatura arrivano dalla Ragioneria generale dello Stato che ha cancellato la norma proposta in Parlamento secondo cui era ammessa “la cedibilità del credito di imposta nell’acquisto dei beni strumentali relativamente al Piano Transizione 4.0”, cioè il cosiddetto superbonus per le aziende. La Ragioneria ha chiesto lo stralcio sostenendo che la norma ha “potenziali rilevanti effetti sulla finanza pubblica”.

“Gli effetti finanziari – ha spiegato il dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze – potrebbero essere particolarmente significativi per quei crediti che, come industria 4.0, prevedono una fruizione in quote annuali, perché l’impatto sul deficit sarebbe anticipato interamente al primo anno di utilizzo, indipendentemente dall’effettivo utilizzo in compensazione”. Per tali ragioni, “non è possibile, allo Stato, assentire proposte di estensione della cedibilità ad altre tipologie di crediti”.

 

 

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