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Ance solleva dubbi su Testo Unico sulla Sicurezza e CIGO

In audizione presso la Commissione Lavoro della Camera, la delegazione dell'Associazione dei Costruttori Edili evidenzia le criticità dei due regolamenti

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Ance ha evidenziato criticità con riferimento alle norme di modifica del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro e si è soffermata sui temi di particolare rilevanza per il settore dell’edilizia attinenti la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO).

Si è svolta il 6 febbraio l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione Lavoro della Camera, sul DDL n. 1532-bis/C, recante disposizioni in materia di lavoro.

La delegazione associativa ha evidenziato in premessa che il provvedimento introduce varie norme che incidono su singoli istituti, al fine di semplificarli o comunque di chiarirne la portata applicativa. Si tratta, ad esempio, della modifica alla disciplina della procedura telematica obbligatoria nel caso di dimissioni (art. 9). Quest’ultima, in particolare, è finalizzata a superare le criticità che il datore di lavoro si trova oggi ad affrontare nel caso in cui un lavoratore lasci il proprio lavoro senza formalizzare le dimissioni tramite la suddetta procedura.

Ha quindi rilevato alcune criticità con riferimento alle norme di modifica del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (art. 2 del DDL) In proposito, si rilevano le seguenti criticità. In particolare:

al comma 1, lett. b), punto 1) del citato art. 2 viene modificato l’articolo 12, comma 1, del TUSL, riguardante i soggetti che possono presentare alla Commissione Interpelli, costituita presso il Ministero del Lavoro, quesiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sostituendo il criterio della rappresentanza in termini comparativi con quello della maggiore rappresentatività. Pertanto, la suddetta facoltà verrebbe prevista per le “organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale” e non più per quelle comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Tale modifica comporterebbe un’apertura a soggetti che non soddisfano il requisito della rappresentatività in termini comparativi, con tutte le criticità che ne deriverebbero. Pertanto, occorrerebbe sopprimere il punto 1) suddetto;
al comma 1, lett. d), punto 1) viene introdotto l’obbligo della sorveglianza sanitaria, oltre che nei casi già previsti in via tassativa dalla normativa vigente, anche “qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28 [del TUSL], svolta in collaborazione con il medico competente, ne evidenzi la necessità”. In tal modo, l’ambito di applicazione della sorveglianza sanitaria sarebbe determinato caso per caso dalle valutazioni discrezionali del singolo medico competente, con il rischio inoltre di difformità applicative tra situazioni aziendali sostanzialmente simili, in una materia che prevede sanzioni anche penali. occorrerebbe, quindi, sopprimere il punto 1) della citata lett. d);
al comma 1, lett. e), che modifica l’art. 65 del TUSL relativo ai locali sotterranei o semisotterranei (Titolo II del medesimo TUSL), andrebbe chiarito che riguarda le attività lavorative continuative e non quelle temporanee, quali i cantieri edili (Titolo IV).
Ha, inoltre, rilevato che la complessiva disciplina trattata dall’art. 3 del DDL deve essere integrata con la previsione dell’obbligo di contestuale comunicazione, da parte del lavoratore e/o dell’Inps, al datore di lavoro che ha attivato l’intervento di integrazione salariale, della circostanza che il lavoratore stesso svolga altra attività lavorativa, con il conseguente venir meno del diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Ad oggi, infatti, tale obbligo di comunicazione non è previsto in maniera esplicita, nonostante il fatto che il datore di lavoro che attiva un intervento di cassa integrazione sia tenuto, salvo il caso di difficoltà finanziarie, ad anticipare ai lavoratori il trattamento di integrazione salariale.

Allo stato attuale, pertanto, qualora il lavoratore non avvertisse il proprio datore di lavoro dello svolgimento di altra attività lavorativa, quest’ultimo dovrebbe poi recuperare dal lavoratore stesso il trattamento di integrazione salariale anticipato (che non potrebbe ovviamente recuperare a conguaglio con l’Inps), con le difficoltà che ciò potrebbe comportare in concreto. Si pensi anche al fatto che durante la sospensione in cassa integrazione continua, comunque, a maturare il TFR, che il singolo lavoratore potrebbe aver conferito alla previdenza complementare, con conseguente versamento dello stesso al Fondo pensione da parte del datore di lavoro (o che comunque, anche in assenza di tale conferimento, il datore di lavoro con almeno 50 dipendenti deve versare mensilmente al Fondo di tesoreria presso l’Inps).

Si è, quindi, soffermata sui temi di particolare rilevanza per il settore dell’edilizia attinenti la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO).

Al riguardo, è tornata a chiedere l’equiparazione dell’aliquota di finanziamento della stessa, posta a carico delle imprese del settore edile per gli operai, a quella prevista per il settore industriale: per l’edilizia, infatti, tale aliquota è attualmente pari al 4,70%, mentre per il settore industriale è pari a 1,70%-2,00%.

Secondo gli ultimi dati in possesso dell’Ance, nel periodo 2002-2022, nell’ambito della gestione della CIGO presso l’INPS, nella specifica gestione edilizia si è determinato un avanzo complessivo superiore a 6 miliardi di euro. Anche per le annualità successive al 2015 (anno di riduzione dell’aliquota all’attuale misura del 4,70%), il trend ha mantenuto lo stesso andamento, con avanzi di esercizio annuali mediamente di oltre 250 milioni di euro.

Su tali basi risulta, pertanto, improcrastinabile la riduzione dell’aliquota del 4,70%, di cui si chiede l’equiparazione all’1,70% (2,00% per le imprese con oltre 50 dipendenti) previsto per gli operai dell’industria.

Ha, altresì, evidenziato la necessità di ripristinare e rendere strutturale la disposizione introdotta dal DL n. 98/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 127/2023, che, per il solo periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, ha previsto l’esclusione, anche per le imprese edili, degli eventi oggettivamente non evitabili (es. eventi meteo o calamità naturali) dal computo del limite massimo di durata della CIGO.

In assenza di un provvedimento strutturale in tal senso, infatti, dal 1° gennaio 2024 si è tornati ad applicare la normativa previgente, in base alla quale per l’edilizia, diversamente dagli altri settori e pur in presenza di un’aliquota contributiva più alta, i periodi di sospensione dell’attività lavorativa determinati da eventi oggettivamente non evitabili sono conteggiati nel limite massimo di fruizione della CIGO stessa, pari a 52 settimane in un biennio mobile.

Altro importante tema è il superamento delle criticità interpretative relative alla concessione della CIGO al verificarsi di determinate intemperie stagionali.

Nello specifico, occorre intervenire con un’apposita modifica normativa per superare un orientamento giurisprudenziale, eccessivamente restrittivo, che finisce per imputare al c.d. rischio di impresa il verificarsi di eventi meteorologici in determinati contesti territoriali e periodi dell’anno (es. gelo e neve in territori quali la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige), con la conseguente impossibilità di ricorrere in questi casi alla CIGO. Tale interpretazione non corrisponde alla ratio legis, che è quella di tutelare imprese e lavoratori nel caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa determinata da “intemperie stagionali” (termine usato dallo stesso legislatore), senza che proprio la “stagionalità” delle stesse venga paradossalmente imputata all’impresa.

 

Sempre in materia di cassa integrazione ordinaria, ha sottolineato la necessità di introdurre una disposizione normativa che consenta espressamente al dipendente di un’impresa edile in distacco presso un’altra impresa edile di beneficiare della CIGO per eventi meteo, qualora tali eventi si verifichino presso il cantiere dell’impresa distaccataria, analogamente a quanto previsto per i dipendenti di quest’ultima adibiti al medesimo cantiere.

Infatti, benché l’impresa edile distaccante continui a versare normalmente la contribuzione CIGO dovuta per il proprio dipendente in distacco per tutta la durata di quest’ultimo, attualmente non risulta possibile, né per il distaccante né per il distaccatario, richiedere la CIGO per il predetto dipendente qualora si verifichi una sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi meteo presso il cantiere dell’impresa edile distaccataria cui lo stesso è adibito. Ne consegue che, in tali giornate, il trattamento retributivo e contributivo del lavoratore resta a carico dell’impresa distaccante, nonostante il versamento del contributo CIGO.

L’Associazione ha, infine, illustrato alcune ulteriori proposte relativamente a: pari opportunità; attuazione legge delega revisione incentivi imprese; ripristino riduzione contributiva per edilizia quota Inail; detassazione decontribuzione ore di formazione; detassazione e decontribuzione ore di straordinario; definizione agevolata debiti contributivi.

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