Edilizia, cresce l’allarme rifiuti da costruzione e demolizione
Le associazioni di settore chiedono un regolamento dettagliato per gli smaltimenti e più impianti disponibili a ricevere i rifiuti
Un’edilizia efficiente ed eco-sostenibile necessita in Italia di uno sprint che al momento è ancora in fase di studio. Ecco lo studio condotto da un’apposita commissione bicamerale per evidenziare le criticità e studiare i ritocchi necessari sia a livello regolamentare che di impianti.
Continua incessante l’attività della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.
Un’attività che si sta svolgendo nelle audizioni che la stessa Commissione sta svolgendo secondo un preciso calendario.
Piero Petrucco, Vice Presidente Ance con delega alla sostenibilità, nonché Presidente della Consulta Nazionale delle Specializzazioni, ha evidenziato in una di queste audizioni, come la gestione di rifiuti inerti sia un tema di fondamentale importanza e di grande attualità, in quanto strettamente correlato alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Proprio il settore delle costruzioni svolge un ruolo primario nel processo di transizione all’economia circolare e più in generale degli importanti benefici, in termini di sostenibilità, che derivano da una gestione sempre più virtuosa dei rifiuti e dalla promozione di un mercato per i materiali recuperati.
La centralità della questione è resa evidente non solo dalla circostanza che i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano uno dei maggiori flussi di rifiuti speciali - stando ai dati raccolti nell’ultimo report predisposto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente - ma anche dal fatto che tali attività sono strategiche, ai fini dell’attuazione del Green Deal e della politica industriale europea. L’Italia, secondo le ultime elaborazioni dell’ISPRA, ha sicuramente raggiunto gli obiettivi fissati dall’Unione Europea per quanto riguarda il recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione. Già nel 2019, infatti, circa il 78% di questa tipologia di rifiuti è stata avviata a recupero, ben oltre quindi il target del 70% da raggiungere per il 2020.
Al tempo stesso, però, se si analizza la situazione per macro-aree geografiche emerge come in alcune realtà territoriali sia ancora molto importante, in termini quantitativi, il ricorso allo smaltimento. Ciò dipende da vari fattori, innanzitutto dall’assenza o comunque dall’insufficienza/incapacità degli impianti di recupero. Non può esistere economia circolare senza impianti di recupero: se l’obiettivo - condiviso da tutti - è effettivamente quello di favorire la transizione alla circolarità, occorre allora accrescere la dotazione impiantistica e renderla adeguata alle attuali esigenze. In questo senso un primo importante passo è stato fatto con il decreto legge 77/2021, con la norma sui cd. “impianti mobili”, ma occorre compiere scelte ancora più coraggiose che ci consentano di essere competitivi con gli altri Paesi europei.