Esiste un abuso edilizio in buona fede e il Tar della Campania lo salva dalla demolizione
La Sentenza 2123/2021 emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania potrebbe riscrivere la storia di altri abusi datati
Rivoluzione degli abusi edilizi con una sentenza del Tar: il principio di buona fede di un nuovo compratore e i decenni trascorsi senza che il Comune si interessasse all'abuso annullano l'ordinanza di demolizione.
Se un abuso edilizio risale a decenni addietro e il Comune lo ha sempre ignorato, un ordinanza odierna non può comandarne la demolizione.
È questo il senso della sentenza 2123/2021 emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania che potrebbe riscrivere la storia di diverse situazioni di abuso edilizio sull’intero territorio nazionale.
Il caso trattato dalla sentenza numero 2323 del 31 marzo 2021 riguarda un immobile di circa 120 metri quadrati complessivi edificato nel 1962. È composto da appartamento e garage seminterrato. Propio il garage costituirebbe l’area in abuso. Alla data di edificazione risale anche l’abuso edilizio in questione. Lo stesso edificio è stato oggetto di compravendita nel 2019 e nell’atto risulta che l’immobile è stato edificato in conformità alla licenza edilizia del 1962.
Ad una verifica effettuata dal Comune successivamente al 2019, sono emerse le difformità tra il progetto approvato e quanto effettivamente realizzato tanto da decretare l’ordinanza di demolizione.
All’ordinanza il proprietario ha risposto con l’impugnativa dell’atto tramite ricorso al Tar basandolo sul principio che tutela l’affidamento in buona fede.
Il diritto dell’Amministrazione al ripristino dell’assetto del territorio, compromesso della permanenza in loco dell’abuso, sarebbe decaduto dall’incedere degli anni e a ciò va aggiunto l’insussistente interesse pubblico alla rimozione dell’abuso.
Il Tar in tale vicenda ha ravvisato una posizione di assoluta buona fede della parte ricorrente accogliendo quindi il ricorso considerando i quasi sessant’anni intercorsi tra il momento dell’avvenuta realizzazione delle opere e l’adozione delle misure sanzionatorie; la presenza di un titolo abilitativo edilizio che ha generato nel privato l’affidamento in ordine alla legittimità del proprio acquisto; l’atteggiamento tenuto dall’Amministrazione Comunale che durante gli anni ha beneficiato di tasse e tributi locali (TARSU, TARI, TARES, IMU) ed ha rilasciato, a richiesta del Condominio (documentazione in atti), titoli abilitativi (DIA, CILA) che hanno consentito la ristrutturazione del fabbricato